LA VASCA DEL FUHRER

Recensione Libro di Serena Dandini

Serena Dandini è un autrice, conduttrice e scrittrice. Nata a Roma dell’aprile del 1954 discende da un’antica nobile famiglia romana. Negli anni settanta inizia la sua carriera in radio e dagli anni ottanta approda in Rai con programmi tv e radio. 


Tra i suoi libri “Dai diamanti non nasce niente. Storie di vita e di giardini”, Rizzoli, 2011, “Ferite a morte, collaborazione ai testi e alle ricerche di Maura Misiti”, Rizzoli, 2013, ”Avremo sempre Parigi. Passeggiate sentimentali in disordine alfabetico”, Rizzoli, 2016, “Il catalogo delle donne valorose”, Rizzoli, 2018, “Cronache dal Paradiso”, Einaudi, 2022.  Pubblica “La Vasca del Fuhrer” nel 2020 con Einaudi.


In copertina una riproduzione della famosa foto di Lee Elizabeth Miller divenuta famosa perché ritrae la fotografa mentre fa il bagno nella vasca del Fuhrer. 


Particolari come gli stivali sporchi di fango sono l’emblema del momento. 


La Miller infatti è reduce da uno dei primi servizi fotografici nei campi di Dachau subito dopo la loro liberazione. Da qui Serena Dandini inizia il suo viaggio nella vita della donna che sembra sia stata dimenticata dalla storia. 


La Vasca del Fuhrersi presenta come una biografia della talentuosa fotografa e giornalista nata all’inizio del secolo e che ,nel corso degli anni, si trasforma vivendo molteplici vite e mutando la sua persona in ogni viaggio e in ogni epoca. La Dandini però non struttura questo libro come un racconto reale o romanzato della protagonista ma lo rende personale “infilandosi” nel racconto attraverso le parti del suo viaggio nel presente attraverso i luoghi vissuti da Lady Miller Penrose. Questo a tratti può deviare l’attenzione e infastidire il lettore, ma serve anche a dare di più il senso del tempo passato e del suo effetto su persone e avvenimenti che avrebbero dovuto essere preservati. 


“…A quasi ottant’anni dalla guerra, ho prenotato una camera allo Scribe…La facciata è rimasta la stessa, e con un po’ di fantasia non è difficile immaginare la confusione delle jeep che assalivano l’ingresso e il via vai dei militari e giornalisti in attesa del bollettino quotidiano…Ma appena entrata nella hall ho perso ogni speranza…sono arrivata al bar del piano terra, l’antro fumoso dove gli invitati si radunavano ogni sera …sono approdata al bancone e con mia grande sorpresa ho scoperto che era l’unico reperto sopravvissuto alla sanificazione degli architetti…”


Lee Miller di fatto attraverso il suo coraggio e la sua voglia di emancipazione è riuscita a uscire dalla periferia e da giovanissima approda a New York per fare la modella. Diventa la preferita degli stilisti ma a lei non basta. Scappa a Parigi e incontra Man Ray e ne diventa musa e amante. Da lui apprende la passione per la fotografia e con lui sperimenta nuove tecniche di esposizione. Passa dietro la macchina fotografica e ne diventa artista, ma pur sempre donna in un'epoca dove le donne dovevano rimanere belle e ferme al loro posto. Lee non ci sta e fugge ancora. Apre il suo studio a New York e tutto sembra funzionare. Lady Miller Penrose però non è fatta per fermarsi e allora scappa in Egitto con il suo ricco marito. Esplora il deserto e arricchisce il suo bagaglio artistico con scatti d’autore. 


Non è abbastanza però. 


Come scopriamo daLa Vasca del Fuhrer ella viaggia ancora e vaga per l’Europa in compagnia di artisti come Picasso che con la sua “Guernica” sta sconvolgendo il mondo sull’orlo del conflitto mondiale. Si innamora di Roland e scappa con lui in Inghilterra nonostante i tempi siano pericolosi. Si ritrova così in pieno conflitto mondiale a rendersi disponibile con foto e articoli per “Vogue”. Dalla rivista patinata però chiede di più e riesce a farsi inviare sul terreno dell’azione. Si ritrova così tra eserciti, bombardamenti, e difficoltà, ma nulla la ferma fino a quando si ritrova sulla porta del campo di Dachau. Lì gli odori, i colori e la morte la segnano. 


“..Lee non riesce a sfuggire alla condanna di una particolare sfumatura di blu, una tonalità scura e polverosa, quasi nera. Aveva letto che l’insidia principale dei traumi si nasconde nei dettagli, proprio come il diavolo che pare abbia la stessa predilezione per annidarsi nei particolari all’apparenza insignificanti. Le basta scorgere quella gradazione di colore in una stoffa, un quadro o una carta da parati, per avvertire la consueta ondata di brividi salire lentamente e poi impadronirsi dell’intero corpo. É il colore del bambino morente nell’ospedale degli orfani di Vienna, dove non mancavano letti e dottori ma gli armadi dei medicinali erano vuoti, e non si poteva far altro che guardare i piccoli pazienti morire…”


Tornerà da Roland ma tutto sarà diverso. Si ritira nella loro casa di campagna e ,nonostante la nascita di suo figlio Antony, non tornerà più a essere la ragazza libera e affamata di vita che era prima della guerra. Nel 1977 muore e solo allora Antony ritrova in soffitta tutti i lavori nascosti di quella donna che era sua madre ma che di fatto non è mai riuscita a essere amorevole e affettuosa come il ruolo richiedeva. 


A grandi linee questa è la storia ricostruita ne La Vasca del Fuhrer


Biografia ben scritta e anche se a volte un pochino piena di riflessioni dell’autrice ,forse non necessarie, ripercorre tutta la vita della Lady Lee Elizabeth Miller Penrose. Manca però a mio parere una parte importante. La parte forse più importante della storia di questa poliedrica donna. La sua esperienza sui campi di concentramento. 


La sua esperienza negli appartamenti del Fuhrer. Questa parte la troviamo solo verso la fine del libro dopo duecento pagine. Probabilmente Serena Dandini non era intenzionata a scrivere l’ennesimo libro sull’olocausto e si è concentrata su altri aspetti che hanno reso questa donna particolare e importante per l’epoca ,ma visto il titolo La Vasca del Fuhrer , mi aspettavo qualche riflessione in più e qualche aneddoto o particolare che non si sia sentito sovente. 


E’ il mio primo titolo di questa autrice e non ho metri di paragone, ma posso dire che nel complesso il libro mi è piaciuto. Lento all’inizio, per via delle digressioni e riflessioni personali della Dandini, ma poi prende il sopravvento e si fa leggere. Sicuramente una scrittura sapiente e un vocabolario ricco e fluido e senza dubbio mi ha aiutato a scoprire una personalità che non conoscevo. Sono stata anche spinta dalla curiosità di cercare immagini della foto che vengono menzionate e descritte nel libro e posso assicurare che ne è valsa la pena. 


“...Credetemi, è tutto vero!..”